Ricorso per conflitto di attribuzioni della regione Marche, in persona del presidente della Giunta regionale Gaetano Recchi, autorizzato con delibera della Giunta regionale n. 922 del 3 aprile 1995, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Valerio Onida, ed elettivamente domiciliato presso l'avv. Gualtiero Rueca in Roma, largo della Gancia n. 1, come da procura speciale a rogito del notaio dott. Giuseppe Salvatore di Ancona in data 5 aprile 1995, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, in relazione ai provvedimenti nn. 44/950140, 45/950141, 46/950147 e 47/950148, tutti in data 9 marzo 1995, della Commissione di controllo sugli atti amministrativi della regione Marche, con i quali sono state rispettivamente annullate le delibere nn. 241, 242, 243 e 244, datate 14 febbraio 1995, del Consiglio regionale. 1. - La Commissione di controllo sugli atti amministrativi della regione Marche, con quattro distinti provvedimenti assunti tutti in data 9 marzo 1995, ha annullato quattro delibere del Consiglio regionale datate 14 febbraio 1995 (in dettaglio, il provvedimento n. 44 di protocollo e n. 950140 di verbale annulla la delibera n. 241; il provvedimento 45/950141 annulla la delibera n. 242; il provvedimento 46/950147 annulla la delibera n. 243, e il provvedimento 47/950148 la delibera n. 244). Le quattro delibere annullate prevedono la concessione di contributi finanziari, per l'anno 1994, a favore di varie categorie di soggetti e di settori di attivita'. In particolare, la delibera n. 241 prevede criteri e piani di riparto di contributi finanziari, per l'anno 1994, a favore di enti, istituzioni ed altri soggetti per iniziative o programmi culturali. Le delibere nn. 242, 243 e 244 contengono per parte loro l'approvazione di un programma di interventi, per gli anni 1993 e 1994, a favore degli emigrati, degli immigrati, dei rifugiati, degli apolidi, dei nomadi e delle loro famiglie. Le quattro delibere citate prevedevano che l'onere finanziario facesse carico a capitoli dello stato di previsione della spesa del bilancio regionale per l'anno 1994. Tale assunzione di impegni di spesa a carico del bilancio per l'anno 1994 era disposta in osservanza di quanto stabilito dalla legge della regione Marche 2 gennaio 1995, n. 2, in tema di "Assestamento del bilancio 1994". L'art. 20 di tale legge, sotto la rubrica "impegni di spesa per la utilizzazione degli stanziamenti", autorizza infatti, entro trenta giorni dalla entrata in vigore della legge, l'assunzione di impegni di spesa a carico di quei capitoli del bilancio 1994, i cui stanziamenti risultino integrati o stabiliti dalla stessa legge n. 2 del 1995. Per espressa previsione del citato art. 20 della legge regionale n. 2/1995, tale possibilita' e' stabilita in deroga a quanto stabilito dall'art. 86 della legge regionale 25 aprile 1980, n. 25, ai sensi del quale, una volta chiuso, con il 31 dicembre, l'esercizio finanziario, nessun impegno di spesa puo' essere assunto a carico dell'esercizio scaduto, e le somme iscritte negli stanziamenti di competenza ma non impegnate entro questo termine costituiscono (salvo alcune eccezioni) economia di spesa, concorrendo a determinare i risultati della gestione. Da questo punto di vista, non vi e' dubbio alcuno che i quattro atti amministrativi annullati dalla Commissione di controllo risultavano perfettamente legittimi, in quanto conformi alla legge regionale ricordata: in tutte le delibere ricordate l'assunzione di impegni di spesa per il 1994 e' stata infatti disposta previo accertamento della disponibilita' finanziaria nel capitolo di bilancio relativo, in seguito all'assestamento operato dalla legge 2 gennaio 1995, n. 2, ed entro il termine previsto dall'art. 20 della medesima legge. 2. - In tutti e quattro i provvedimenti di annullamento delle delibere regionali, la Commissione di controllo sugli atti amministrativi della regione pone a base della propria decisione un identico e assai singolare iter argomentativo. Essa prende atto, in primo luogo, che la delibera amministrativa sottoposta al suo controllo stabilisce di provvedere alla copertura degli oneri finanziari (rectius: di imputare la spesa impiegata) ai sensi dell'art. 20 della legge regionale 2 gennaio 1995, n. 2, cioe' a carico dei capitoli di spesa dello stato di previsione della spesa del bilancio 1994, integrati o stabiliti dalla stessa legge regionale n. 2/1995. In secondo luogo, la Commissione accerta che il citato art. 20 contiene effettivamente un'esplicita deroga a quanto stabilito dall'art. 86 della legge regionale 30 aprile 1980 n. 25, in tema di termini per l'assunzione degli impegni di spesa, e accerta pertanto che gli impegni di spesa contenuti negli atti amministrativi sono stati assunti legittimamente. A questo punto, la Commissione dovrebbe concludere la propria attivita' di controllo con esito positivo, dovrebbe cioe' verificare la legittimita' dell'atto amministrativo regionale, in quanto conforme a cio' che la legge regionale prevede. Viceversa, in modo sorprendente, in tutti e quattro i provvedimenti in questione la Commissione, lungi dal concludere nel modo logico anzidetto, afferma che la deroga disposta dall'art. 20 della legge regionale 2 gennaio 1995, n. 2, non sarebbe ammissibile "sotto il profilo della legittimita'". Cio' viene affermato essenzialmente sotto due profili: tale deroga contrasterebbe, da un lato, con quanto stabilito dalla legge statale 19 maggio 1976, n. 335, contenente i principi fondamentali e le norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilita' delle regioni; dall'altro, per la Commissione, la deroga ricordata violerebbe e stravolgerebbe il principio vincolante dell'annualita' di bilancio, informatore degli ordinamenti contabili di tutti gli enti del settore pubblico, e in particolare (si aggiunge in tre dei quattro provvedimenti) di quelli a "finanza derivata". In virtu' di tali considerazioni e, si badi, sull'unica base di tali considerazioni - che riguardano soltanto la presunta illegittimita' della legge regionale - la Commissione decide di annullare le delibere regionali ricordate. Nel solo provvedimento n. 44/950140, di annullamento della delibera n. 241, la Commissione svolge anche altre considerazioni, relative al presunto ritardo, rispetto al termine previsto da una legge regionale, con il quale la Giunta della regione Marche avrebbe predisposto il piano di riparto dei contributi da erogare per iniziative di carattere culturale, rilevando come tale ritardo possa influire negativamente sullo sviluppo delle iniziative in parola e non risulti conforme ai principi di semplicita', economicita', tempestivita' e trasparenza di cui alla legge n. 241/1990, recepita nell'ordinamento regionale con legge regionale nn. 44 e 48 del 1994. Ma tali considerazioni ulteriori risultano del tutto estranee al motivo posto a base dell'annullamento, e fungono da meri obiter dicta nell'ambito di un ragionamento tutto incentrato sulla "inammissibilita', sotto il profilo della legittimita'", della deroga contenuta nell'art. 20 della legge regionale n. 2 del 1995, rispetto a quanto previsto dalla legge regionale n. 25 del 1980 e dalla legge statale n. 335 del 1976: peraltro, di per se', dette considerazioni non indicano alcuna ragione di difformita' dell'atto impugnato dalla legge, ma si sostanziano in critiche di puro merito all'operato della regione, come tali inammissibili in sede di controllo di legittimita' degli atti amministrativi. 3. - Appare evidente che i provvedimenti di annullamento ricordati menomano la sfera di attribuzioni costituzionali della regione: l'annullamento delle delibere amministrative in questione si fonda infatti su un'indebita attivita' di sindacato sulla legge regionale n. 2 del 1995, la quale viene di fatto disapplicata dalla Commissione di controllo, perche' ritenuta in contrasto con i principi fondamentali contenuti nella legge statale n. 335 del 1976 in tema di bilancio e contabilita' regionale. Non e' chi non veda come, in tal modo, la Commissione di controllo travalica dalle competenze che le sono costituzionalmente attribuite, determinando una lesione delle prerogative regionali stabilite negli artt. 117, 118, 119, 125 e 127 della Costituzione. E' ben noto che da quando la legge n. 281 del 1970, seguita poi dagli statuti delle regioni, hanno riconosciuto la necessita' che l'approvazione dei bilanci delle regioni avvenga per mezzo di un atto legislativo regionale - abrogando quella parte della legge Scelba che viceversa inseriva il bilancio preventivo nel complesso dei provvedimenti amministrativi - sono inoperanti, nei confronti di tali atti legislativi regionali, le previsioni dell'art. 125, primo comma, della Costituzione. Ma nel caso dei provvedimenti di annullamento ricordati, tutto accade, da un lato, come se la legge regionale n. 2 del 1995 in tema di assestamento del bilancio 1994 non fosse un atto legislativo, come tale non sindacabile dalla Commissione di controllo, bensi' un mero atto amministrativo - tant'e' che detta Commissione ne afferma la "illegittimita'" - e, dall'altro, come se la Commissione stessa fosse investita del potere di verificare la conformita' di una legge regionale ad una legge statale contenente principi fondamentali. La evidente violazione degli artt. 125, in tema di controllo di legittimita' sugli atti amministrativi della Regione, e 127 della Costituzione, in tema di controllo sulle leggi regionali, si aggiunge cosi' alla violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione in tema di competenze legislative, amministrative e finanziarie della regione, determinando corrispondenti menomazioni delle competenze costituzionali della regione ricorrente. E' appena il caso di aggiungere che la materia relativa al controllo di legittimita' sugli atti amministrativi della regione - da esercitarsi (art. 125 della Costituzione) nei modi e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica e un tempo regolata dalla legge 10 febbraio 1953, n. 62 secondo criteri di generale assoggettamento a controllo dei provvedimenti amministrativi della regione - ha trovato nuova disciplina nel d.lgs. 13 febbraio 1993, n. 40, che ha ridefinito le categorie di atti soggetti all'esame di legittimita' affidato alla Commissione ed ha in particolare previsto il principio della tassativa e puntuale identificazione dei medesimi. Con la conseguenza, messa in rilievo da questa Corte nella sentenza n. 48 del 1995, che gli atti non espressamente menzionati risultano esclusi dal controllo. Ma non vi era di certo necessita' di una simile riforma per escludere in via assoluta dall'assoggettamento a siffatto controllo gli atti legislativi regionali che segue le ben diverse regole di cui all'art. 127 della Costituzione. Ed infatti la legge regionale n. 2 del 1995 - ivi compreso il suo art. 20, contestato dalla Commissione di controllo - e' stata regolarmente assoggettata al controllo governativo, ottenendo il visto del Commissario del Governo. E' dunque del tutto fuori luogo la pretesa della Commissione di controllo di esercitare essa, a posteriori e al di fuori di qualsiasi competenza riconosciutale, un improprio ulteriore controllo sulla legge regionale. Quanto all'ammissibilita' del conflitto cosi' sollevato, e' da rilevare che la stessa Corte costituzionale ha da gran tempo stabilito (sentenza n. 121 del 1966) che "nei confronti delle determinazioni sfavorevoli dell'organo statale di controllo e' da ritenere aperta alla regione la possibilita' di promuovere davanti a questa Corte un conflitto di attribuzione, al fine di ottenere per tale via il ripristino della legalita' eventualmente lesa con sacrificio della sua sfera d'azione". Con tale pronuncia, la Corte costituzionale intese chiarire come anche un atto negativo di controllo statale potesse ridondare in menomazione della sfera di competenza regionale, di contro alle tesi che ritenevano l'atto di controllo incapace di invadere la sfera di competenza del controllato, in quanto consistente in un giudizio esaurentesi nella sfera dell'autorita' di controllo stessa. La regione potrebbe anche ricorrere al Tribunale amministrativo avverso la decisione di annullamento delle proprie delibere: ma nel caso in esame si e' in presenza di un'evidente lesione delle attribuzioni costituzionali regionali, determinata dalla disapplicazione della legge regionale operata dalla Commissione di controllo, sicche' la via del conflitto di attribuzioni di fronte a questa Corte appare la piu' consona alla necessita' di ripristinare l'ordine violato delle attribuzioni costituzionali. 4. - La Commissione di controllo, come ricordato, pone a base dei provvedimenti di annullamento delle delibere amministrative la pretesa incostituzionalita' della legge regionale n. 2 del 1995 (sulla quale quelle delibere si fondano), incostituzionalita' che discenderebbe dalla violazione dei principi fondamentali in materia di bilancio e contabilita' delle Regioni, stabiliti dalla legge statale n. 335 del 1976, e piu' in generale dalla violazione del principio dell'annualita' di bilancio. Tale questione e' pero' del tutto estranea al thema decidendum sottoposto alla Corte costituzionale con il conflitto che viene ora sollevato. Qui si tratta infatti unicamente di stabilire se la Commissione di controllo sugli atti amministrativi della regione Marche abbia esercitato, come la regione ricorrente ritiene, un inammissibile sindacato sulla legge regionale, disapplicandola. La stessa Corte costituzionale, in un caso identico a quello ora in discussione (sentenza n. 162 del 1976), ebbe modo di affermare con chiarezza questo principio: una volta chiarito che il controllo statale ex art. 125 della Costituzione, riguarda i soli atti amministrativi regionali e non anche le leggi regionali (nei confronti delle quali e' invece proponibile la impugnativa di legittimita' prevista e regolata dal successivo art. 127 della Costituzione), "discende, su un piano di logica conseguenzialita', l'ultroneita' dell'indagine in ordine alla legittimita' della legge regionale, su cui il sindacato della Commissione sia stato (in ipotesi) esteso; perche' il fatto stesso (ove accertato) di tale estensione del controllo amministrativo statuale su un atto normativo della regione importerebbe - di per se' - l'effettivita' della invasione, da che dipende la soluzione del conflitto". Pertanto, la Corte non deve, ne' potrebbe, sollevare di fronte a se' stessa una ipotetica questione di legittimita' costituzionale della legge regionale n. 2 del 1995, per il semplice motivo che tale questione non e' strumentale alla soluzione del conflitto di attribuzioni, per decidere il quale e' sufficiente accertare che la Commissione di controllo ha operato un sindacato sulla legge regionale, lasciandola fuori applicazione. Nel merito, comunque, l'incostituzionalita' della legge regionale n. 2 del 1995 viene solo affermata, ma non veramente motivata, dalla Commissione di controllo, e un esame appena un poco piu' approfondito della complessiva situazione normativa mostra la legittimita' della legge della regione Marche. Infatti, l'art. 14 della richiamata legge statale n. 335 del 1976 prevede che entro il 30 giugno di ogni anno la regione approvi con legge l'assestamento del bilancio, mediante il quale si provvede all'aggiornamento di una serie di elementi ed aspetti del bilancio stesso, nonche' alle variazioni che si ritengono opportune, fermi restando i vincoli di cui all'art. 4 della legge n. 335 del 1976, in tema di equilibrio del bilancio. E la legge regionale n. 2 del 1995 altro non ha fatto che provvedere all'assestamento del bilancio 1994, apportandovi le opportune variazioni, con modifiche agli stanziamenti previsti per alcuni capitoli di bilancio. In relazione a cio', dato il ritardo con cui l'assestamento e' intervenuto, e' stata autorizzata l'assunzione, entro un breve termine, di nuovi impegni sui capitoli di spesa stabiliti o integrati in sede di assestamento, derogando alla regola per cui con la fine dell'esercizio non possono piu' essere assunti impegni sul relativo bilancio. Tale deroga non costituisce violazione di alcun principio costituzionale o fondamentale. 5. - In ogni caso, l'unica indagine necessaria per risolvere il conflitto sollevato dalla regione Marche e' quella tesa a verificare se realmente la Commissione statale abbia esteso la propria attivita' di controllo fino a sindacare la legittimita' della legge regionale, e se, svolgendo tale indebito sindacato, essa abbia disapplicato l'atto normativo regionale. In proposito non possono sussistere dubbi di sorta. Come gia' detto, l'unico motivo posto a base dei quattro provvedimenti di annullamento degli atti amministrativi regionali e' proprio la presunta illegittimita' della legge regionale. La Commissione di controllo, ritenuta la illegittimita' della legge regionale n. 2 del 1995, decide di disapplicarla, e solo a questo punto puo' logicamente decidere di annullare le quattro delibere regionali. Si e' in presenza di una situazione tipica sulla quale questa Corte ha avuto modo, in passato, di pronunciarsi piu' volte. Nel caso piu' recente, quello risolto con la sentenza n. 285 del 1990, la Corte ritenne che la disapplicazione di una legge regionale, operata dalla Corte di Cassazione sul presupposto della sua illegittimita', avesse determinato una violazione delle attribuzioni costituzionali regionali, e decise che tale disapplicazione non poteva spettare allo Stato (e per esso alla Corte di Cassazione), annullando di conseguenza la sentenza della stessa Cassazione. In quella occasione, la Corte preciso' che la disapplicazione di leggi regionali, sia sotto il profilo di una loro equiparazione ad atti amministrativi, sia in quanto ritenute costituzionalmente illegittime, incide in particolare sulla competenza legislativa costituzionalmente garantita alla regione dall'art. 117, primo comma, della Costituzione. Nel caso ora in esame, alla violazione di tale norma costituzionale si aggiungono, come gia' detto, la violazione degli artt. 118 e 119 della Costituzione, a causa della menomazione delle competenze amministrative e finanziarie regionali, nonche' la violazione degli artt. 125 e 127 della Costituzione, determinata dalla circostanza che la Commissione di controllo, lungi dall'attenersi al sindacato di legittimita' sugli atti amministrativi regionali, si e' arrogata una competenza a svolgere il controllo sulle leggi regionali, secondo modalita' del tutto estranee a quanto stabilito in Costituzione. Ne' si potrebbe sostenere che la Commissione, anziche' disapplicare, abbia soltanto "interpretato" la legge regionale stessa, cio' che rientrerebbe nelle sue possibilita'. La Corte costituzionale, in due circostanze identiche alla presente (sentenze nn. 162 del 1976 e 73 del 1977), ha precisato che, certamente, nello svolgimento della funzione di controllo sugli atti amministrativi della regione, e' possibile interpretare la normativa regionale cui l'atto controllato si conformi o riporti, senza che l'eventuale errore nel processo ermeneutico si converta di per se' in violazione della sfera di attribuzioni costituzionalmente garantite della regione. Ma sempre in quelle due circostanze essa escluse che di mera attivita' interpretativa si fosse trattato, verificando che l'organo di controllo aveva fatto cadere proprio e direttamente sulla legge l'attivita' di sindacato, derivando poi da tale sindacato sulla norma le conseguenze in ordine alla validita' degli atti di tale norma applicativi. Come si e' dimostrato, e' esattamente cio' che e' accaduto nel caso presente con i provvedimenti di annullamento assunti dalla Commissione di controllo sugli atti amministrativi della regione Marche. Nemmeno varrebbe sostenere che gli effetti dei quattro provvedimenti di annullamento non privano in generale la legge regionale n. 2 del 1995 della sua efficacia, essendosi trattato di annullamenti di specifiche delibere amministrative relative a specifiche fattispecie prese in considerazione dalla legge regionale, la quale per il resto continuerebbe integra a spiegare la propria efficacia. Come ha infatti stabilito questa Corte nella sentenza n. 285 del 1990, la disapplicazione della legge anche in un solo caso viene a negarne la intrinseca natura e costituisce pertanto una lesione del potere legislativo regionale.